L’esperimento di decostruzione creativa sul trauma si è concluso. Si sta concludendo anche l’open call per artisti. Sono ultimate le interviste raccolte dagli storici. E’ arrivato il momento della contrazione prima dell’azione generativa. In questi giorni si decidono i nomi degli artisti che lavoreranno su le parole degli altri. Artisti che dovranno essere cantastorie. Divulgatori, a volte anche compositori, di storie in versi, a soggetto drammatico o passionale, che in occasione di fiere e feste reciteranno in piazza, in festival, on line e off line, commentando una serie di rozze figurazioni nelle quali la storia stessa è rappresentata.
E’ tempo quindi che AD chiuda questo piccolo laboratorio creativo nato nel blog di We-Hope. Seguiremo il progetto sempre con l’occhio creativo. D’ora in poi i post saranno centrati sul lavoro degli artisti e sulla creazione del cantastorie. Per chiudere in bellezza presentiamo i risultati dell’esperimento di decostruzione creativa sul trauma.
ESPERIENZA DI DECOSTRUZIONE CREATIVA
L’ultimo post si era concluso con Abbiamo forse uno stesso motivo comune nel trauma?
Di seguito una sintesi dell’esperimento e i risultati.
A seguito di una piccola ricerca sul trauma e forme simboliche coercitive di reiterazione sociale dello stesso, il tatuaggio è risultata la forma più convincente per un’esperienza di decostruzione creative a distanza.
E’ significativo notare che l’autrice del lab, partecipa facendo il percorso laboratoriale che propone al team. Le evidenze sono:
Nessuno sapeva (compresa l’autrice) che l’area comune di dolo sarebbe risultata la stessa per tutte. Nessun maschio ha aderito. Nessuna nazione (eccetto l’Italia) ha partecipato.
Sembra che il trauma funzioni in segno + da attrattore/attivatore. E’ richiamo di segni uguali (uguale ambito di dolo, uguale genere, uguale nazionalità). E nel contempo funziona in segno – da repellente/distanziatore. (nessun altro genere o nazionalità) con allontanamento, disinteresse. Proprio come una calamita. Se si combinano le evidenze di questo piccolo esperimento con la sorprendente presenza e diffusione globale del termine trauma nell’etimo greco-latino-sanscrito, e conseguente disseminazione in moltissime lingue (cft We-Hope blog 22.04.21) si aprono scenari interessanti. Si potrebbe desumere che il trauma sia segno simbolo archetipico tatuato nella cultura di appartenenza. Tatoo tabu che caratterizza le scelte ed è radice inconscia delle decisioni, delle azioni individuali e collettive. Così profondo, osceno, imbarazzante da occultare, da silenziare e nel contempo così fortemente identitario al punto da caratterizzare l’azione, da definirne i confini positivi nel corpo, nell’etica, nell’estetica. E’ fondamentale quindi che l’artista/gli artisti scelti siano capaci di fare vuoto nel proprio EGO per togliere il rumore dell’individualità e lasciare spazio al riconoscimento di una serie di rozze figurazioni, commentando le quali la storia stessa si rappresenta.
Testo e grafiche Di + onlus.
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