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WE-Hope e il Black History Month

Il progetto WE-Hope si occupa di inclusione sociale, dell’importanza della diversità e della condivisione di storie di paesi diversi, capaci di arricchire il nostro senso di umanità. All'Università di Lincoln è stato sviluppato un ricco programma di attività per celebrare il Black History Month, un modo che serve per porre l’attenzione su storie che non sono state ancora raccontate, in linea con quello che WE-Hope si propone di fare.


Iyamide Thomas preparing the Krio exhibition
Iyamide Thomas preparing the Krio exhibition, 2019.

Il 7 ottobre, per esempio, è stata ospitata una conferenza online di Iyamide Thomas e Melissa Bennett, che hanno presentato la mostra in corso al Museum of London Docklands, incentrata sul popolo Krio della Sierra Leone. In origine, molti di loro erano ex schiavi che vennero riportati nella Sierra Leone nel XIX secolo, dove hanno sviluppato una propria specifica lingua e cultura. All’incontro erano presenti partecipanti dalla Sierra Leone, dagli Stati Uniti e dal Regno Unito. Potete anche seguire un blog dedicato qui.

Questa esperienza ci ha ricordato un aspetto dell'inclusione e dell’esclusione: se è vero che ospitare discussioni online ci consente di avere un pubblico maggiormente diversificato, non dobbiamo però dimenticare il divario digitale. Molti di coloro le cui storie sono state dimenticate sono proprio quelli che non hanno la possibilità di accedere ai mezzi per partecipare al mondo online.


Il Black History Month è quindi un momento per riflettere non solo su storie dimenticate e mai raccontate, ma anche per considerare come i nostri convenzionali modi di pensare continuano a escludere questo tipo di storie dai curricula scolastici e universitari, dai musei e dalle attività di informazione, dalle statue e dal nome che diamo alle strade e agli edifici delle città, e dal loro utilizzo nel settore creativo e culturale. Il movimento Black Lives Matter, che esiste già da diversi anni, ha posto l'attenzione su questi importanti temi a seguito dell'uccisione di George Floyd a Minneapolis, in maggio.


Come WE-Hope dovrebbe rispondere a questo richiamo? Un programma contro il razzismo significa riconoscere la fatica, il dolore e persino le minacce fisiche con cui le persone di colore vivono ogni giorno nelle società di tutta Europa. Nel suo libro Why I'm No Longer Talking To White People About Race (Bloomsbury 2017), la scrittrice britannica Reni Eddo-Lodge sottolinea che il “problema”' di parlare di razza nelle società a maggioranza bianca consiste nel rifiuto di riconoscere che è presente un razzismo strutturale, che troppi di noi tendono a negare.


Tutti questi problemi sono di interesse per WE-Hope. Abbiamo avuto diversi incontri tra i partner negli ultimi mesi, cercando di capire come meglio mettere in pratica l'inclusione e il rispetto, per esempio nel nostro uso del linguaggio, e come essere certi di proteggere le identità di coloro che ci raccontano le loro storie, ma continuano a sentirsi vulnerabili. Non sono problemi facili, e ci vuole tempo per raggiungere risultati positivi, approfondendo la riflessione e il dialogo con tutti coloro che sono interessati a questi aspetti. Il successo del nostro progetto dipende dalla capacità di rendere questi importanti processi il più possibile sicuri e protetti per tutti.


L'autore dell'articolo è L'Università di Lincoln, coordinatore di WE-Hope.

Image Credit: Iyamide Thomas.

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